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Luthien82
Entino
Da chissà dove
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Inserito il - 16 dicembre 2006 : 11:09:39
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Eoni di tempo fa avevo scritto questo saggio perchè venisse inserito nel sito. Avendo perso le speranze che questo accada, lo inserisco in questo post, in modo da avere da voi qualche critica e intanto sviluppare qualche discussione interessante sull'universo tolkeniano.
Il medioevo di Tolkien
Questo grandioso film proietta lo spettatore in un universo dove il medioevo si respira in ogni sequenza e in ogni battaglia; Tolkien creò il suo capolavoro attingendo dalla tradizione germanica, scandinava e anglosassone, traendone una sorta di cosmografia fantastica di stampo medievale, la Terra di Mezzo, dove l’eterna lotta tra Bene e Male assume i caratteri di una leggendaria epopea.
Signori e vassalli
Ciò che fa da contorno all’intera storia è indubbiamente un mondo che nelle sue strutture e nella sua rappresentazione “medievale”, condensa elementi di varie tradizioni folcloristiche ben note al professor Tolkien che poi ha saputo miscelarle dando vita ad una saga degna del ciclo arturiano o del Beowulf. L’elemento feudo-vassallatico è un richiamo costante, nel libro come nel film; i valori di fedeltà e honor e la sottomissione a un sovrano sono riproposti più volte, un esempio lo sono Pipino e Merry che donano i loro servigi a Denethor e Theoden; loro rientrano in quella idea un po’ stereotipata che abbiamo del nostro Medioevo occidentale. Un’altra convinzione prettamente medievale è quella della taumatologia distintiva di ogni sovrano quindi anche di Aragorn. Questa sua caratteristica lo rende riconoscibile come vero erede al trono di Gondor, infatti, oltre a guarire con il tocco delle mani è l’unico in grado di usare una pianta officinale nota come Atelas o non a caso “foglia di re”. Un degno erede di Aragorn nel IX secolo fu il grande imperatore Carlo Magno, egli oltre ad essere considerato alla stregua di un semidio era a detta di molti in grado di curare con l’imposizione delle mani e rendere sacro ogni oggetto da lui toccato.
Uno sguardo ad Oriente Nel romanzo, tutta la Terra di Mezzo è sotto la minaccia dell’Oscuro Signore ed egli dimora insieme alle sue crudeli creature all’interno del regno di Mordor. Questo luogo di terrore è posto da Tolkien nella parte più orientale della Terra di Mezzo e probabilmente questa non è una scelta casuale. Nel mondo antico prima che la scienza ci aiutasse a capire molte cose, certi fenomeni rimanevano sconosciuti alle persone, che dovevano usare le loro conoscenze e spesso la loro fantasia per cercare delle soluzioni. In un periodo come quello medievale le conoscenze in campo geografico non erano molto dettagliate e tutto quello che si celava oltre l’orizzonte risultava misterioso; queste scarse conoscenze unite a superstizione e paura per l’ignoto hanno fatto sì che l’Oriente acquistasse una cattiva fama, indicato come luogo fantastico e allo stesso tempo terribile e misterioso. L’Oriente era il luogo dove nasceva il sole, era il luogo dove si era recato in viaggio un mercante veneziano di nome Marco Polo che lo aveva descritto come patria di esseri eccezionali, guerrieri straordinari e crudeli, donne di rara e ammaliante bellezza. Tutto questo agli occhi di un uomo medievale pareva meraviglioso e terribile senza contare che la chiesa per secoli cercò di demonizzare l’Oriente creando non poca confusione. Potete capire che allora la chiesa aveva una presa fortissima sul pensiero e sulla vita delle persone, quindi la sua opera di screditamento dell’Oriente suscitò negli animi una vera e propria paura per quel territorio dove si celavano eresie d’ogni sorta e dove il diavolo aveva creato il suo regno. Proprio qui s’inserisce l’analogia con il mondo di Tolkien; egli fa convergere tutto il male guarda caso ad Oriente, mentre le terre libere sono nell’Ovest e l’alleanza che porterà Sauron alla distruzione è composta tutta da popoli occidentali, in qualche modo egli si ricollega all’ottica medievale di guardare ad Oriente come luogo di provenienza de male. Un episodio significante per dimostrare questa “paura” è la grande peste nera che imperversò in Europa nel 1348, questo evento devastante disorientò completamente le persone che cercavano di capire cosa avesse portato in Europa tanto male. Subito si pensò al castigo divino e al giudizio universale (questo è il periodo in cui esplode il trionfo della morte e il cosiddetto macabro medievale), ma poi gli uomini capirono che l’epidemia partiva dalle grandi città portuali e mercantili (Genova, Venezia, Napoli) dove arrivavano le navi cariche di merce proveniente dell’Oriente; da lì il passo fu breve e a nessuno passò per la testa di dare la colpa ad una piccola insignificante pulce. P.S. Il bacillo pestis-pestis quello della peste bubbonica, si trasmetteva tramite il contatto anche minimo con qualcosa d’infetto, a portarlo in Europa furono le pulci dei topi presenti sulle navi da carico che provenivano da zone di focolai attivi come l’India; questo flagello ridusse la popolazione di 2/3, soltanto nel ‘500 si tornò ad avere un tasso di popolamento simile a quello prima del grande flagello.
Odore d’eresia
Oltre all’elemento nordico e germanico che Tolkien conosceva bene (chi vedendo i Rohirrim non ha pensato ai vichinghi alzi la mano), possiamo tuttavia rintracciare una matrice cristiana, o più propriamente latina. Il dualismo dal sapore vagamente “manicheo” tra Bene e Male, visti come unici principi indissolubili e ciclici che muovono l’esistenza della Terra di Mezzo, riporta in modo abbastanza chiaro all’eresia catara e alle sue convinzioni dogmatiche; non vi è infatti un richiamo a un principio creatore (il Dio dei cristiani) distinto e super partes. Lo stesso destino del mondo tolkeniano si gioca unicamente nelle mani dei suoi abitanti e dei suoi protagonisti grandi e piccoli, nel successo o nel fallimento delle proprie azioni. Ognuno è artefice del proprio destino, in sostanza nessun aiuto “divino” sarà mai invocato dai protagonisti che sono pronti a contare solo sulle loro forze e sul loro coraggio. Questa visione “manichea” dell’universo di Tolkien è suffragata dal concetto di “aldilà” che traspare in parecchi dialoghi del libro e del film, come quello tra Gandalf e Theoden sui tumuli dei re di Rohan; l’aldilà o quanto di simile è il premio per tutti i “buoni”, una continuazione non solo dell’anima, ma anche del corpo della vita precedente, una sorta di passaggio ad un livello superiore di esistenza. Per gli elfi che popolano la Terra di Mezzo, l’aldilà è rappresentato da Valinor che noi possiamo paragonare ad una sorta di Eden dove la vita è eterna. Nel Silmarillion in oltre sono nominate le “Aule di Mandos”,un luogo dove “l’anima” degli elfi riposa nell’attesa di potersi manifestare di nuovo sulla terra, quindi reincarnarsi o risorgere. Per quanto riguarda gli atri popoli della Terra di Mezzo non si fa mai riferimento alla vita dopo la morte, mentre per gli uomini si accenna qualcosa in riferimento alle “case dei padri” dove finalmente gli appartenenti ad una stessa casata potranno riunirsi con i propri defunti. Questo riferimento riprende in parte il concetto asiatico del culto degli antenati che vengono invocati per proteggere il popolo e la casata; per un uomo della Terra di Mezzo la più grande aspirazione è quella di vivere una vita onorevole per meritare di sedere per l’eternità insieme ai propri avi. Nel libro è in particolare il popolo di Rohan a fare i maggiori riferimenti all’aldilà; Theoden prega i suoi padri di accogliere tra loro il figlio Theodred ed egli stesso si guadagnerà il suo posto tra i padri di Rohan morendo con onore sui campi del Pelennor. Un concetto distante da quello cristiano, descritto da Dante nella sua Commedia è quello tipico dal XII secolo in avanti dei tre livelli distinti Paradiso-Purgatorio-Inferno, basato sul fondamento colpa/pena, che nella trilogia ritorna spesso. Come ho detto prima, l’elemento sacrale è del tutto assente così come la presenza di personaggi assimilabili a un clero o a una casta sacerdotale. Questa è una caratteristica della Trilogia: la totale mancanza di riferimenti a strutturati sistemi religiosi o fideistici. Non solo a quelli parificabili al cristianesimo o all’islam, ma neppure a divinità antropomorfe o a elementi naturalistici; la saga tolkeniana è sostanzialmente “atea”. Nonostante questa mia teoria è impossibile non notare i moltissimi riferimenti alla religione che Tolkien da cristiano fervente quale era ha inserito nella sua opera, con la quale voleva dare all’Inghilterra una propria mitologia, intrisa il più possibile di riferimenti alla sua religione. Nel libro non è mai chiarito il concetto che i personaggi hanno dell’anima, non è specificato se essi l’abbiano o no, ma la loro stessa esistenza ci fa pensare di sì, anche se non si nomina mai il Dio che gliel’ha fornita. In effetti, nel “Signore degli anelli” non si fa riferimento ad una particolare divinità ma solo a creature di stampo angelico quali gli elfi, mentre nel Silmarillion Tolkien ci fornisce una specie di Pantheon elfico simile per impostazione a quello greco composto dai Valar (Ulmo-Poseidone, Orome-Ares ecc.), poi ancora al di sopra nomina Illuvatar (Zeus o Dio), l’entità da cui ha preso origine ogni cosa. I Valar sembrano essere elfi, ma non di una razza comune perché sono molto più potenti e praticamente adorati dalle stirpi elfiche da loro generate. A questo punto però si nota una differenza sostanziale tra i due mondi, ovvero la mancanza di un vero e proprio culto degli elfi per i Valar come era invece per gli antichi greci rispetto alle loro divinità. Come detto prima gli elfi tolkeniani sono molto simili agli angeli del nostro immaginario, il loro stile di vita è la beatitudine e il loro aspetto etereo e senza età ricorda le figure celesti. Il paragone è ancora più chiaro, quando si pensa agli orchi, figure demoniache che non sono altro che elfi degenerati come Lucifero che non è altro che un angelo caduto. Un altro personaggio che ha forti connotati religiosi è Gollum; la sua vicenda ricorda quella di un personaggio biblico, il re babilonese Nabucodonosor. Gollum rappresenta il peccato o meglio, cosa si diventa se si cede al peccato, come Gollum ha ceduto al potere del suo “tesssoro”. Innanzi tutto il suo vero nome viene dimenticato, la gente comincia a chiamarlo Gollum che è solo il suono gutturale che riesce ad emettere; perde la sua umanità o forse bisognerebbe dire “hobbittosità” , non vive più in case ma in spelonche buie e umide, non sopporta più la luce del sole e non cammina più in posizione eretta ma cammina a 4 zampe come un animale. Probabilmente ad ispirare Tolkien questo personaggio tormentato fu il re biblico Nabucodonosor, infatti, egli come Gollum si macchiò di un peccato gravissimo; offese Dio. Imprigionando il popolo eletto Nabucodonosor fu avvertito delle gravi conseguenze in cui sarebbe incorso, ma egli preferì non ascoltare nessuno, così Dio lo punì condannandolo a perdere la sua umanità tramutandolo in un licantropo. Come si sa i licantropi per certi periodi non sono in grado di cibarsi di cibo cotto, perdono la capacità di parola e quella di muoversi in posizione eretta, ma la cosa più significativa è che la gente dimentica il suo vero nome e comincia a chiamarlo “mostro”. La Bibbia ci racconta che Nabucodonosor chiese perdono al Signore e fu perdonato, ma Gollum non fu altrettanto fortunato, lui non riuscì mai a liberarsi del desiderio per l’anello che lo portò inesorabilmente alla distruzione. Con ogni probabilità la maggior parte dei riferimenti cristiani sono ricercati, come la maggiore età hobbit fissata non a caso a 33 anni, mentre altri riferimenti nacquero spontaneamente dalla fervida immaginazione dell’autore anche perché sarebbe stato difficile anche per lui dopo un intero mondo, creare anche una nuova religione per la Terra di Mezzo.
Il codice cortese (ovvero Rolando e i suoi fratelli)
Un altro elemento proprio del Medioevo occidentale e latino è il richiamo alle tematiche della letteratura epica-cortese-cavalleresca a partire dal Roman de la Rose o la Chanzon de Rolan. Il cavaliere raffigurato da Tolkien condensa in se le principali caratteristiche del mondo cortese; innanzi tutto Aragon personifica il re senza trono che come nella più antica tradizione ha doti pranoterapeutiche, basti pensare a S. Luigi o a Carlo Magno. Le figure dei grandi condottieri che l’autore ci descrive sono l’emblema dell’eroe senza macchia e senza paura che difende i deboli, ha alti e nobili pensieri, è leale verso gli amici, combatte per una giusta causa e ama in modo casto e puro la donna che a lui si è promessa, con tanto di dono da portare in sua memoria. Si può dire un’altra volta di trovarci di fronte ad uno stereotipo medievale, ovvero il nobile altolocato o il giovane rampollo in cerca della sua affermazione. In una cosa Tolkien si discosta dal classico stereotipo medievale; il professore ha un ruolo completamente diverso da far giocare alle donne. Inizialmente dall’evolversi dei fatti il lettore non immagina che una donna abbia una funzione diversa da quella di “donzella da salvare”,ma da un’analisi più attenta ci accorgiamo che le donne hanno una parte piccola ma fondamentale in questa epopea dominata da figure maschili. La regina degli elfi Galadriel è una figura di grande carisma che sprona la compagnia a continuare il viaggio, è la custode di Nenya uno dei tre anelli elfici ed è in possesso di grandi poteri di preveggenza; la principessa Arwen ha un ruolo portante nella vita di Aragorn, infatti, egli è consapevole che la vita di lei è legata al destino dell’anello e che il padre non la concederà in sposa finchè non diventerà re di Gondor, quindi in parte è lei una delle sue motivazioni a vincere la guerra. In ogni caso l’esempio più calzante è quello di Eowin che da sola elimina il re dei Nazgul e che rappresenta la decisione e la volontà delle donne di Rohan; lei afferma chiaramente di temere “la gabbia” non intesa come vera e propria prigionia, ma come incomprensione di coloro che la circondano. Ella vorrebbe battersi per coloro che ama, ma la società la vorrebbe a casa a badare al focolare, così è costretta a fingersi qualcun’ altro per raggiungere il suo scopo. Questa è una figura molto innovativa per il tempo in cui scriveva Tolkien, un vero esempio di emancipazione femminile. Una rappresentazione speciale che il film ha reso in maniera incredibile è la spazialità dei luoghi che il libro poteva solo farci immaginare; torri, mura, castelli, praterie sconfinate fanno da cornice a tutto il romanzo. La grandiosa Minas Thirit evoca il modello a schiera e a livelli concentrici delle città medievali che di solito culminavano con l’edificio sacro e che nel libro portano alla reggia dei Sovrintendenti (un esempio è Mont St. Michel). La cittadella-roccaforte e in particolare il suo palazzo è raffigurato con caratteristiche tipicamente gotiche: un ampio portale scolpito, colonne, statue longilinee e un immancabile slancio verso l’alto, non a caso l’interno del palazzo e molto simile all’interno di una cattedrale.
Il re illuminato
Una forte tradizione medievale vuole che il re sia la luce del suo popolo e anche questa ideologia sarà ripresa da Tolkien per caratterizzare il personaggio di Aragorn e renderlo ancora più simile ad un classico sovrano dell’età di mezzo. Aragorn sembra essere il re profetizzato dagli anziani, quasi un messia destinato a riportare la gloria ad un popolo e ad una città che stanno cadendo in rovina proprio a causa della mancanza di un vero re. Il regno di Gondor, infatti è governato solo da un sovrintendente che non riesce a liberarsi delle sue insicurezze e sta per portare l’intero popolo alla rovina, ma come nelle migliori leggende il re illuminato riesce a conquistare il trono ed a riportare gloria e pace sul suo regno. Dopo questa riflessione si potrebbe fare riferimento ad una scena del film “Il ritorno del re” dove il regista ha in qualche modo “macchiato” il personaggio di Aragorn. La scena incriminata è quella dove si vede l’ambasciatore del nemico chiamato: “La bocca di Sauron”; in questa scena aggiunta vediamo Aragorn decapitare l’ambasciatore prendendolo alle spalle e a tradimento. Questa parentesi rocambolesca non solo nel libro non esiste, ma nemmeno Tolkien si sarebbe sognato di inserirla facendo commettere al suo eroe un atto così deplorevole, infatti, uccidendo il nemico a tradimento, per un momento Aragorn diventa “cattivo”. Per un secondo il re cede al lato oscuro della forza, per fare riferimento ad un’altra trilogia e questo un re come lo intendeva Tolkien non l’avrebbe mai fatto proprio perché completamente fuori di ogni forma di regalità epico-cavalleresca. In quel particolare momento probabilmente Peter Jackson ha ceduto al suo gusto “splatter” perdendo di vista il libro, ma ovviamente questo nulla toglie al grande lavoro che ha fatto regalando alla trilogia un successo mondiale mai avuto prima.
Il bestiario Tolkeniano
A completare il paesaggio della Terra di mezzo, vi sono gli strumenti che sono richiamati nello svolgimento del racconto: armi da taglio, cavalli, corazze, nonché altri luoghi che compaiono nella descrizione, vale a dire, taverne, strade, palazzi e animali fantastici. Le creature che popolano la Terra di Mezzo, scaturiscono prevalentemente dalla mitologia Nordica ( elfi, nani, troll,, orchi e lo stesso anello), ma tante escono anche dai bestiari medievali ( aquile, lupi, elefanti enormi, ragni) e dalle raffigurazioni iconografiche delle cattedrali (aquile maestose, lupi mannari, draghi, unicorni ecc.), tutti esempi che Tolkien sicuramente conosceva. Il bestiario di Tolkien riprende tutti gli elementi del bestiario medievale( basato sulla riproduzione del Physiologus greco/egizio del II secolo a.C.) quale summa enciclopedica di storia naturale e di conoscenza in fatto di animali e speci magiche o mostruose. Tutti gli elementi naturalistici si legano all’immaginario fantastico, soprannaturale proprio del medioevo e richiamano in qualche modo i racconti di viaggio e le descrizioni di terre al confine del mondo come il milione di Marco Polo. Il Medioevo fantastico così come appare nel racconto ed è fedelmente riprodotto da Peter Jackson assume i caratteri dell’età di mezzo un po’ come “di Mezzo” è la terra abitata dai protagonisti.
Un piccolo grande eroe
A Frodo e Sam i due piccoli hobbit, è lasciato il compito in assoluto più arduo, ossia distruggere l’anello del potere rigettandolo tra le fauci infuocate del monte Fato. Non è un caso che le figure degli hobbit ricordino molto da vicino i bambini e che a loro venga consegnato il fardello più grande, perché per Tolkien i piccoli hanno un importanza particolare; sono loro ad avere un animo puro ed una anima semplice in grado più di altri di reggere il peso dell’anello e non farsi corrompere dalla sua malvagità. Gli hobbit sono bambini non solo nell’aspetto fisico, ma anche nel carattere che è predisposto al divertimento, allo scherzo e alla compagnia, in oltre il loro spirito è semplice un po’ ingenuo ma duro “come le radici degli alberi” che loro amano profondamente. I mezz’uomini sono vicini alla natura come i bambini e come loro hanno un mondo dove la “gente alta” non è bene accetta, la stessa amicizia che lega Sam e Frodo è un legame sincero come quello che lega i più piccoli e nonostante gli eventi li mettano a dura prova, continueranno a stare insieme e a darsi una mano. Il viaggio che intraprendono è una specie di passaggio dall’infanzia all’età adulta, un modo violento per entrare in contatto con la realtà; i due hobbit riusciranno nell’impresa e riusciranno con le loro forze a distruggere Sauron uscendo dall’impresa profondamente cambiati, cresciuti, ma in fondo sempre hobbit. Questo è un messaggio molto forte che l’autore ci ha lasciato tra le righe del suo capolavoro: il rispetto per i più piccoli perché in grado di compiere grandi imprese, imparare a conoscerli e ascoltarli perché è importante che ognuno conservi nel profondo un po’ della purezza dell’anima dei bambini. Il mondo che conosciamo oggi ha estremamente bisogno di persone semplici, un po’ bambine in grado di fare grandi cose e ricordare allo stesso tempo “il sapore delle fragole”.
Il messaggio di Tolkien
Sembrerebbe un medioevo fiabesco se non fosse per le grandi battaglie che caratterizzano la storia, in realtà l’autore che visse le due grandi guerre del nostro secolo, riversa nel suo mondo tutte le contraddizioni del nostro tempo. Gli eserciti dell’oscuro signore ci richiamano le grandi parate delle truppe naziste e le loro eccessive dimostrazioni di potere; nei capitoli finali il destino della terra è in mano alla razza degli uomini (grandi o “mezzi”) che devono rimediare a quello che la loro stessa razza aveva creato (Un uomo grazie alla sua brama di potere permise all’anello di sopravvivere). Nell’incostanza del comportamento umano, essi dovranno nel bene o nel male decidere le sorti del loro mondo; è questo a mio parere il messaggio di Tolkien, la speranza che l’uomo, pur tra contraddizioni, debolezze e differenze possa convivere in pace con gli altri uomini e le altre razze. In questo giace l’esperienza del tempo vissuto da Tolkien e la saga rappresenta lo speculum di un’epoca, la nostra epoca ovvero il ‘900 il secolo breve; una sorta di viaggio dantesco del XX secolo dove alla fine i protagonisti torneranno “a riveder le stelle”.
Michela Burdisso (Luthien82)
P.S. Dedicato a tutti quelli che rimangono un po’ bambini e nonostante tutto sanno ancora sognare. P.P.S. Un ringraziamento particolare per la supervisione al prof. Francesco Mosetti Casaretto docente di letteratura latina medievale presso l’università di Siena e tolkeniano fervente.
Anche la creatura più piccola muta le sorti del mondo.
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Modificato da - Luthien82 in Data 16 dicembre 2006 11:13:34
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Dunadan
Fuscello
Friuli
402 Messaggi |
Inserito il - 18 dicembre 2006 : 11:44:10
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| Messaggio di Luthien82
Eoni di tempo fa avevo scritto questo saggio perchè venisse inserito nel sito. Avendo perso le speranze che questo accada, lo inserisco in questo post, in modo da avere da voi qualche critica e intanto sviluppare qualche discussione interessante sull'universo tolkeniano.
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... aggiungo che detto saggio, peraltro molto interessante, mi è capitato tra le mani pro-manuscripto due o tre anni fa. Meglio tardi che mai...
A presto. Dunadan.
Non seguire strade già percorse ma cercane una che nessuno conosce... e lascia una traccia... |
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Luthien82
Entino
Da chissà dove
1713 Messaggi |
Inserito il - 19 dicembre 2006 : 12:47:56
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Piglia poco per i fondelli tu, ci ho messo l'anima a scrivere quelle 9 paginette[:-p]
Anche la creatura più piccola muta le sorti del mondo. |
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Dunadan
Fuscello
Friuli
402 Messaggi |
Inserito il - 28 dicembre 2006 : 14:17:26
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| Messaggio di Luthien82
Il re illuminato
...Dopo questa riflessione si potrebbe fare riferimento ad una scena del film “Il ritorno del re” dove il regista ha in qualche modo “macchiato” il personaggio di Aragorn. La scena incriminata è quella dove si vede l’ambasciatore del nemico chiamato: “La bocca di Sauron”; in questa scena aggiunta vediamo Aragorn decapitare l’ambasciatore prendendolo alle spalle e a tradimento. Questa parentesi rocambolesca non solo nel libro non esiste, ma nemmeno Tolkien si sarebbe sognato di inserirla facendo commettere al suo eroe un atto così deplorevole, infatti, uccidendo il nemico a tradimento, per un momento Aragorn diventa “cattivo”. Per un secondo il re cede al lato oscuro della forza, per fare riferimento ad un’altra trilogia e questo un re come lo intendeva Tolkien non l’avrebbe mai fatto proprio perché completamente fuori di ogni forma di regalità epico-cavalleresca. In quel particolare momento probabilmente Peter Jackson ha ceduto al suo gusto “splatter” perdendo di vista il libro, ma ovviamente questo nulla toglie al grande lavoro che ha fatto regalando alla trilogia un successo mondiale mai avuto prima...
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...in effetti, se non ricordo male, quella particolare scena era presente nella versione estesa del film. Non mi pare che ci fosse nella versione data al cinema...
A presto. Dunadan
Non seguire strade già percorse ma cercane una che nessuno conosce... e lascia una traccia... |
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Luthien82
Entino
Da chissà dove
1713 Messaggi |
Inserito il - 11 gennaio 2007 : 19:03:16
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Buona memoria![;)]
Anche la creatura più piccola muta le sorti del mondo. |
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