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"Dedicato a tutti quelli che rimangono un po’ bambini e nonostante tutto sanno ancora sognare."

Il Medioevo di Tolkien

Di Luthien82

 

Questo grandioso film proietta lo spettatore in un universo dove il medioevo si respira in ogni sequenza e in ogni battaglia; Tolkien creò il suo capolavoro attingendo dalla tradizione germanica, scandinava e anglosassone, traendone una sorta di cosmografia fantastica di stampo medievale, la Terra di Mezzo, dove l’eterna lotta tra Bene e Male assume i caratteri di una leggendaria epopea.

 

Signori e vassalli

Ciò che fa da contorno all’intera storia è indubbiamente un mondo che nelle sue strutture e nella sua rappresentazione “medievale”, condensa elementi di varie tradizioni folcloristiche ben note al professor Tolkien che poi ha saputo miscelarle dando vita ad una saga degna del ciclo arturiano o del Beowulf.

L’elemento feudo-vassallatico è un richiamo costante, nel libro come nel film; i valori di fedeltà e honor e la sottomissione a un sovrano vengono riproposti più volte, un esempio lo sono Pipino e Merry che donano i loro servigi a Denethor e Theoden; loro rientrano in quella idea un po’ stereotipata che abbiamo del nostro Medioevo occidentale.

 

Odore d’eresia

Oltre all’elemento nordico e germanico che Tolkien conosceva bene (chi vedendo i Rohirrim non ha pensato ai vichinghi alzi la mano), possiamo tuttavia rintracciare una matrice cristiana, o più propriamente latina.

Il dualismo dal sapore vagamente “manicheo” tra Bene e Male, visti come unici principi indissolubili e ciclici che muovono l’esistenza della Terra di Mezzo, riporta in modo abbastanza chiaro all’eresia catara e alle sue convinzioni dogmatiche; non vi è infatti un richiamo a un principio creatore (il Dio dei cristiani) distinto e super partes. Lo stesso destino del mondo tolkeniano si gioca unicamente nelle mani dei suoi abitanti e dei suoi protagonisti grandi e piccoli, nel successo o nel fallimento delle proprie azioni. Ognuno è artefice del proprio destino, in sostanza nessun aiuto “divino” sarà mai invocato dai protagonisti che sono pronti a contare solo sulle loro forze e sul loro coraggio.

Questa visione “manichea” dell’universo di Tolkien è suffragata dal concetto di “aldilà” che traspare in parecchi dialoghi del libro e del film, come quello tra Gandalf e Theoden sui tumuli dei re di Rohan; l’aldilà o quanto di simile è il premio per tutti i “buoni”, una continuazione non solo dell’anima, ma anche del corpo della vita precedente, una sorta di passaggio ad un livello superiore di esistenza.

Un concetto distante da quello cristiano, descritto da Dante nella sua Commedia è quello tipico dal XII secolo in avanti dei tre livelli distini Paradiso-Purgatorio-Inferno, basato sul fondamento colpa/pena, che nella trilogia ritorna spesso.

Come ho detto prima, l’elemento sacrale è del tutto assente così come la presenza di personaggi assimilabili a un clero o a una casta sacerdotale. Questa è una caratteristica della Trilogia: la totale mancanza di riferimenti a strutturati sistemi religiosi o fideistici. Non solo a quelli parificabili al cristianesimo o all’islam, ma neppura a divinità antropomorfe o a elementi naturalistici; la saga tolkeniana è sostanzialmente “atea”.

 

Il codice cortese
(ovvero Rolando e i suoi fratelli)

Un altro elemento proprio del Medioevo occidentale e latino è il richiamo alle tematiche della letteratura epica-cortese-cavalleresca a partire dal Roman de la Rose o la Chanzon de Rolan.

Il cavaliere raffigurato da Tolkien condensa in se le principali caratteristiche del mondo cortese; innanzi tutto Aragon personifica il re senza trono che come nella più antica tradizione ha doti pranoterapeutiche, basti pensare a S. Luigi o a Carlo Magno.

Le figure dei grandi condottieri che l’autore ci descrive sono l’emblema dell’eroe senza macchia e senza paura che difende i deboli, ha alti e nobili pensieri, è leale verso gli amici, combatte per una giusta causa e ama in modo casto e puro la donna che a lui si è promessa, con tanto di dono da portare in sua memoria. Si può dire un’altra volta di trovarci di fronte ad un altro stereotipo medievale, ovvero il nobile altolocato o il giovane rampollo in cerca della sua affermazione.

Una rappresentazione speciale che il film ha reso in maniera incredibile è la spazialità dei luoghi che il libro poteva solo farci immaginare; torri, mura, castelli, praterie sconfinate fanno da cornice a tutto il romanzo. La grandiosa Minas Thirit evoca il modello a schiera e a livelli concentrici delle città medievali che di solito culminavano con l’edificio sacro e che nel libro portano alla reggia dei Sovrintendenti (un esempio è Mont St. Michel). La cittadella-roccaforte e in particolare il suo palazzo viene raffigurato con caratteristiche tipicamente gotiche: un ampio portale scolpito, colonne, statue longilinee e un immancabile slancio verso l’alto, non a caso l’interno del palazzo e molto simile all’interno di una cattedrale.

 

Il bestiario Tolkeniano

A completare i paesaggio della Terra di mezzo, vi sono gli strumenti che vengono richiamati nello svolgimento del racconto: armi da taglio, cavalli, corazze, nonché altri luoghi che compaiono nella descrizione, vale a dire, taverne, strade, palazzi e animali fantastici.

Le creature che popolano la Terra di Mezzo, scaturiscono prevalentemente dalla mitologia Nordica ( elfi, nani, troll,, orchi e lo stesso anello), ma tante escono anche dai bestiari medievali ( aquile, lupi, elefanti enormi, ragni) e dalle raffigurazioni iconografiche delle cattedrali (aquile maestose, lupi mannari, draghi, unicorni ecc.), tutti esempi che Tolkien sicuramente conosceva.

Il bestiario di Tolkien riprende tutti gli elementi del bestiario medievale( basato sulla riproduzione del Physiologus greco/egizio del II secolo a.C.) quale summa enciclopedica di storia naturale e di conoscenza in fatto di animali e speci magiche o mostruose.

Tutti gli elementi naturalistici si legano all’immaginario fantastico, soprannaturale proprio del medioevo e richiamano in qualche modo i racconti di viaggio e le descrizioni di terre al confine del mondo come il milione di Marco Polo.

Il Medioevo fantastico così come appare nel racconto e viene fedelmente riprodotto Da Peter Jackson assume i caratteri dell’età di mezzo un po’ come “di Mezzo” è la terra abitata dai protagonisti.

 

Il messaggio di Tolkien

Sembrerebbe un medioevo fiabesco se non fosse per le grandi battaglie che caratterizzano la storia, in realtà l’autore che visse le due grandi guerre del nostro secolo, riversa nel suo mondo tutte le contraddizioni del nostro tempo. Gli eserciti dell’oscuro signore ci richiamano le grandi parate delle truppe naziste e le loro eccessive dimostrazioni di potere; nei capitoli finali il destino della terra è in mano alla razza degli uomini (grandi o “mezzi”) che devono rimediare a quello che la loro stessa razza aveva creato (Un uomo grazie alla sua brama di potere permise all’anello di sopravvivere).

Nell’incostanza del comportamento umano, essi dovranno nel bene o nel male decidere le sorti del loro mondo; è questo a mio parere il messaggio di Tolkien, la speranza che l’uomo, pur tra contraddizioni, debolezze e differenze possa convivere in pace con gli altri uomini e le altre razze. In questo giace l’esperienza del tempo vissuto da Tolkien e la saga rappresenta lo speculum di un epoca, la nostra epoca ovvero il ‘900 il secolo breve; una sorta di viaggio dantesco del XX secolo dove alla fine i protagonisti torneranno “a riveder le stelle”.

Luthien82


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